venerdì 1 aprile 2022

Nostalgia Chinaglia

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Quando arrivò la notizia a molti sembrò uno scherzo. Chinaglia? Possibile? L’invincibile guerriero? Era il primo aprile del resto e poteva starci un “pesce” anche se macabro, magari diffuso da qualche stupido buontempone appartenente ad altre sponde del tifo. Ma la notizia, drammatica ed incredibile, era purtroppo maledettamente vera.

Era il primo aprile del 2012, Giorgio Chinaglia se ne era andato all’improvviso, la morte era avvenuta a Naples, un piccolo centro a sud della Florida davanti al Golfo del Messico e nella Roma biancazzurra quel lancio d’agenzia che si era diffuso immediatamente sui social era stato avvertito come un lutto familiare.

Una reazione emotiva ed affettiva naturale per il popolo biancoceleste, perché Giorgio era stato il calciatore più amato dai tifosi, quello che aveva restituito con i suoi gol e la sua voglia di vincere sempre, l’orgoglio di essere laziali, di essere i tifosi della prima squadra della Capitale, quella che aveva portato il calcio e il tifo a Roma.

Chinaglia tanto amato dalla sua gente ma anche il più temuto dagli avversari perché il più forte di tutti, il più grande di tutti, il più laziale di tutti. Era quello infatti che segnava sempre, quello che spezzava le dita ai portieri con le sue bombe da fuori area, quello che trascinava i compagni alla vittoria, quello che li scuoteva quando le cose andavano male in campo, quello che era sempre pronto a combattere col coltello fra i denti.

Quello che portò per mano la squadra alla conquista del suo primo scudetto. Quello che per tutti era Giorgio Chinaglia, il grido di battaglia. L’invincibile guerriero, Long John, Giorgione, l’idolo incontrastato di una piazza ribelle e anticonformista che grazie a lui aveva rialzato la testa dopo anni bui e di altalena con la serie B.

Quello che anche quando perdeva vinceva lo stesso e che quando vinceva stravinceva, sfidando la curva nemica correndo spavaldo sotto la stessa ed esultando all’impazzata come testimoniato dalla splendida foto di Marcello Geppetti che ha fatto il giro del mondo, scattata in quel famoso derby del 31 marzo 1974 vinto da lui e dalla Lazio.

Quello che al cinema, agli sberleffi e alle offese dei tifosi avversari, replicava a suon di cazzotti. Quello che andava a dormire con gli scarpini ai piedi. Quello che non faceva finire gli allenamenti al campo di Tor di Quinto finchè la sua formazione non batteva la rivale. 

Quello che i rigori li doveva battere sempre e solo lui, come l’indimenticabile e storico penalty tirato il 12 maggio del 1974, che assegnò il tricolore alla banda Maestrelli e fece diventare un sogno realtà. Giorgio Chinaglia per sempre. Il grido di battaglia ieri, oggi, domani. 

Un amore infinito che ha superato la generazione di riferimento, una lunga, bella e anche tormentata storia d’amore che non ha subito crisi e tradimenti di sorta. Mai. E non poteva essere diversamente, perché nessuno è stato come lui, nessuno ha fatto quello che ha fatto lui e soprattutto perché nessuno ha smesso di volergli bene.

Tutti hanno sempre amato Long John a prescindere. Perché era Chinaglia, Giorgio Chinaglia, il numero uno, senza se e senza ma. Nella storia ultracentenaria della prima squadra della Capitale, mai nessuno è stato come lui. Lui è stato il più grande di tutti. Anche di chi è stato migliore tecnicamente o ha segnato più reti. 

Lui era un'altra cosa. Un simbolo, un eroe sportivo, un trascinatore. Non un semplice calciatore seppur capace di magie sul campo o magari col fiuto del gol. Era molto di più, era Giorgio Chinaglia, un tornado che spazzava via avversari e chi si metteva di traverso per ostacolare la Lazio, rendendo orgogliosa una tifoseria di appartenere a una comunità.

Ecco perchè ogni volta che ricorre il 1 aprile la nostalgia aumenta, perchè i ricordi si fanno più intensi e la mente va a tutto quello che "l'invicibile guerriero" ha fatto per la Lazio sul campo, con i suoi assalti, le sue cavalcate, i suoi gol, le sue imprese.

Sono passati dieci anni dalla sua scomparsa e da allora non è cambiato niente perchè l'amore nei suoi confronti è rimasto immutato. Un amore infinito trasmesso da padre in figlio. Perché lui era Chinaglia, Giorgio Chinaglia, il grido di battaglia di un popolo intero. 

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