martedì 14 maggio 2024

Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000...

di FRANCESCO TRONCARELLI


Lo scudetto della squadra più forte che si batteva contro i poteri forti, lo scudetto della felicità oltre ogni ragionevole speranza, lo scudetto di chi aveva creduto nelle sue possibilità, ma anche lo scudetto della gente che non ne poteva più di subire torti, di un popolo che aveva detto no alle ingiustizie, di una grande famiglia che si riconosceva nei valori dello sport e che per bandiera aveva i colori del cielo.

Questo e molto altro è stato il tricolore conquistato dalla Prima squadra della Capitale il 14 maggio del 2000, nell'anno del Centenario e di una città in festa perenne per i propri beniamini e per le loro vittorie, tra cortei di gioia alternati a marce di protesta senza soluzione di continuità nel corso di un campionato giocato all'attacco e con il grande risultato finale come premio per tutti.

Uno scudetto emozionante, il più lungo della storia del calcio, arrivato nel terzo tempo quando tutto era già finito negli altri campi e tutti erano incollati alle radioline per sapere come andava a finire mentre l'Olimpico occupato persino sul terreno di gioco attendeva trepidante il risultato da Perugia.

La Lazio infatti aveva fatto il suo dovere sino in fondo asfaltando la Reggina con tre gol siglati da Inzaghi, Veron e Simeone.  La lunga ricorsa sulla Juve inziata con un distacco di sei punti prima della sfida vinta il primo aprile al Delle Alpi con un colpo di testa magico di Simeone, era giunta al capolinea.


Due i punti che dividevano la capolista, quella Vecchia Signora da sempre ammanicata col potere dalla Lazio, la società guidata da Sergio Cragnotti che voleva dire la sua contrastando quel potere per vincere solo con la forza dei suoi giocatori. Un'impresa, come quello che era successo la domenica precedente aveva dimostrato. Ricordate?

La penultima giornata infatti aveva scatenato polemiche furiose. La Lazio vince a Bologna contro i due ex Andersson e Signori (la partita finisce 3-2) e la Juventus batte il Parma per 1-0. Nell’occasione torna al gol Del Piero, ma non è quello lo scandalo.

Lo scandalo al sole che tutti vedono meno che uno, è un rigore non concesso agli emiliani e soprattutto un gol annullato al Parma al minuto 89, grazie al quale la Lazio avrebbe raggiunto la capolista a 69 punti.

Una decisione così ingiustificata da parte dell’arbitro (lo stacco di testa di Cannavaro appare a tutti più che regolare) scatena l’ira generale e per una volta tifosi e stampa urlano “vergogna” all’unisono. Forse basterebbe una voce umile e autorevole, quella del mister Carlo Ancelotti, a placare le polemiche, ma non c'è la volontà.


Anzi, a esacerbare gi animi ci penserà il Direttore generale bianconero Luciano Moggi. Le sue parole e quel tono arrogante che gli è abituale gettano benzina sul fuoco. Basta non se ne può più. C'è il rischio del biscotto per la Mitica dopo lo scudetto perso per un punto nella stagione precedente. 

La piazza biancoceleste allora si mobilitò, venne organizzato un sit in a via Allegri sotto la sede della Federazione gioco calcio,  una protesta pacifica che poi degenerò in incidenti, traffico impazzito, cariche della polizia. Scene incredibili non certo volute da chi voleva solo gridare il proprio sedegno per quello che era successo.

Il 14 maggio dunque si era arrivati al redde rationem, la Lazio (entrata in campo con mezza curva Nord vuota per l'ennesima protesta al grido de "Il calcio è morto") il suo l'aveva fatto, bisognava vedere cosa sarebbe successo al Curi fra i perugini e la Juventus. 

Quella domenica in cui si concludeva il campionato, su tutta l’Italia il tempo era buono. Solo sulla zona di Perugia si addensano nuvole minacciose. Anzi, per dirla tutta, sul capoluogo umbro ancora splendeva il sole. Gli addensamenti nuvolosi riguardavano soltanto Pian di Massiano, la zona extraurbana sulla quale sorge lo Stadio Renato Curi.


E mentre all'Olimpico gli olè dei tifosi accompagnano le finte e i lanci di Simeone e compagani, sul Curi si scatena un temporale di rara intensità, un diluvio che rende il campo un acquitrino. La partita è ferma sullo 0-0 e ci vuole oltre un’ora per prendere una decisione.

L’arbitro Collina, un fischietto con la schiena dritta, dopo l'inevitabile attesa e le dovute prove per constatare che il pallone rimbalzi, ritiene che si possa giocare.  E così alle 17.11, quando Lazio-Reggina è già finita, a Perugia inizia la ripresa.

Nel momento in cui la palla viene portata al centro del campo, Lazio e Juventus hanno entrambe 72 punti e solo lo spareggio potrebbe dare un nome alla squadra campione d’Italia. Ma al 4°, avviene la svolta.

Punizione di Rapaic, Conte fallisce in piena area la respinta e consegna la palla sui piedi del capitano perugino Calori. Il difensore tira di prima intenzione e infila nell'angolino alla destra di Van der Sar.


L'Olimpico che è collegato tramite gli altoparlanti alla radiocronaca della partita che tutta l'Italia sta seguendo, esplode in un boato assordante, qualcuno fra i tifosi storici, lo paragonerà a quello udito a Lazio-Milan vinta al 90° nel 1973 con un gran gol di Re Cecconi.

Ora la classifica dice Lazio 72, Juventus 71. Fare gioco su quella superficie non è semplice ma se può farlo il Perugia, possono farlo anche i loro avversari. I bianconeri tentano il tutto per tutto, mentre a Roma l’Olimpico, dopo il boato di felicità per il gol di Calori, si è trasformato in luogo di preghiera.

Comunione (d'intenti) e liberazione (dai torti subìti). In campo ci sono migliaia di tifosi scesi dalle tribune per una invasione simbolica, sugli spalti a quelli che hanno assistito alla partita si sono aggiunti i tifosi che stavano a casa per patecipare a questa attesa incredibile ed emozionante. I 70 mila dell'inizio delle ostilità sono via via diventati 80 mila.

Tuti sono concentarti, tesi, in silenzio ascoltano quello che sta succedendo sul campo del Perugia. Con la mente e il cuore sono a 200 km di distanza. Sull’ultimo assalto bianconero, con Pippo Inzaghi che mette fuori da pochi metri la palla del possibile spareggio, per un attimo scende il gelo, seguito poi da un urlo liberatorio.


Su quell’errore clamoroso l’arbitro fischia la fine e immediatamente il radiocronista Riccardo Cucchi annuncia: "Mentre in questo istante Collina dichiara concluso il confronto: sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000, la Lazio è Campione d’Italia 1999-2000, la Juventus è stata battuta per 1-0 a Perugia dalla squadra di Carletto Mazzone. Linea all’Olimpico”.

E' l'apotesosi. Per squadra e tifosi è una gioia più violenta di un pugno in pieno volto, più inaspettata della schedina vincente del Superenalotto milionario. Tutti esultano, molti si abbracciano, qualcuno piange. L'euforia è inarrestabile.

È la vittoria della tenacia, della giustizia, della fede in un Dio ("Dio es del Lazio titola la stampa estera) che ogni tanto si ricorda di esistere per mandar giù la pioggia purificatrice come nel finale dei Promessi sposi di Manzoni, per sanificare un campionato al centro dei peggiori sospetti e renderlo puro. Una volta al secolo, alla Lazio succede anche questo.

"Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000 la Lazio è Campione d'Italia", parole entrate nella storia della Prima squadra della Capitale che sancivano la fine di un campionato incredibile conclusosi con la rocambolesca e meritata vittoria dei ragazzi Sven Goran Eriksson, "il perdente di successo" secondo certa stampa romana.

Una giornata di autentica passione per i tifosi biancocelesti, un trionfo figlio di una squadra stellare che con forza e determinazione riuscì a raggiungere un traguardo che resterà per sempre negli annali del Calcio italiano e che oggi venti anni dopo procura una tremenda nostalgia e una rinnovata emozione al solo pensiero. Sì, quel 14 maggio del 2000 è stato meraviglioso e resterà per sempre nella memoria collettiva della gente laziale.


lunedì 13 maggio 2024

Lo Scudetto dei tifosi

 di FRANCESCO TRONCARELLI 

Il Tassinaro scardinò una porta dei bagni della curva, se la caricò sulle spalle e scese nel parterre, dove erano i posti in piedi per vedere la partita.

Sgomitando a fatica fra la folla si fece largo ed arrivò al fossato che divideva quel settore dello stadio dal terreno di gioco, lì appoggiò la porta come fosse un ponte levatoio permettendo ai tifosi l'invasione di campo.

Il primo a entrare sulla prato dell'Olimpico fu Lupo seguito da me, poi arrivarono Vincenzo e Palmierino, poi Zambonini, Tartaruga e via via tutti gli altri del Muretto tranne Gino che si sacrificò per non abbandonare lo striscione dei CML sugli spalti.

Erano le 17e45 del 12 maggio 1974 e il sogno dello Scudetto per la banda Maestrelli e tutta la gente laziale finalmente si avverava. 50 anni dopo, il 12 maggio del 2024 sono tornato sul prato verde dell'Olimpico dopo Lazio-Empoli.

Una sensazione incredibile che mi ha molto emozionato pensando a quel giorno indimenticabile e a tutto quello che avvenne sul campo e sugli spalti.

l'omaggio

Da tempo immaginavo questo momento, rimettere il piede su quella erba verde calpestata dai giocatori, i ragazzi del 74 che fecero l'impresa allora, e quelli di adesso che hanno cercato di onorarli vincendo con l'Empoli.

Un modo concreto per rivivere quella giornata ma anche un'azione che ho compiuto col pensiero rivolto a chi era con me allora ed oggi purtroppo non c'è più.

Lo dovevo a loro, a quegli amici con cui ho vissuto giornate memorabili, con cui ho condiviso gioie e dolori, risate e panini, con cui difesi la nostra squadra del cuore in ritiro prederby all'hotel Americana dagli attacchi dei romanisti. 

Lo dovevo a Gino con cui avevo fondato il CML, a Lupo sempre in prima fila al mio fianco, al Tassinaro, fedelissimo temuto e rispettato in tutti gli stadi d'Italia e amico vero. Tre protagonisti della meglio gioventù biancoceleste che si ritrovava sul Muretto della Sud degli anni 70 dove si dava il la al tifo per la Lazio.

Ho così deposto sul prato tre sciarpe con i loro nomi, un omaggio alla loro memoria e a quello che hanno rappresentato per il tifo, come a dire 50 anni dopo anche voi festeggiate con noi. Noi tifosi.

Il Tassinaro con Adriano e Tonino Di Vizio a una cena di tifosi

Si perché nelle celebrazioni del Cinquantennale dello Scudeto del 74 il tifoso è stato il grande assente. Nessuno ha speso una parola per chi in quegli anni dette anima e corpo per Chinaglia e compagnia bella.

Per chi ha fatto sacrifici anteponendo gli interessi della Lazio ai propri, spesso trascurando la famiglia e altrettanto spesso anticipando fondi poi non recuperati per organizzare treni speciali e le famose carovane biancazzurre di pullman.

Niente. Lazio maledetta di qua, pistole e tric e trac di là, libri di ogni tipo su, iniziative varie giù, ma non una riga su personaggi carismatici come Tonino di Vizio, sempre presente col suo sorriso sornione e la sua diplomazia proverbiale

Non una foto di Adriano Basaia, uomo d'azione senza macchia e senza paura, non un frammento video con Gino Camiglieri, navigato presidente dei Club e imbattibile organizzatore di eventi, contestazioni, tifo.

Tonino, Garlaschelli e Gino Camiglieri

E che dire di Rosaria Romani "la tifosa laziale del Secolo" come la proclamò Gianni Elsner dopo un seguitissimo referendum lanciato dalla sua mitica trasmissione Te lo faccio vedere chi sono io.

Certo i riflettori dovevano essere puntati sui protagonisti, su "Pulici, Petrelli, Martini" e così via come è giusto che sia e come è stato. Ci mancherebbe. Ma vogliamo nell'overdose di applausi e manifestazioni dire "grazie anche a Voi ragazzi che c'eravate sempre soprattutto quando le cose non andavano bene".

Era tanto difficile? Sembra di sì. Probabilmente perché chi ha scritto o ha realizzato speciali televisivi per le celebrazioni non conosce la Storia della Lazio nella sua completezza, una Storia nella quale i tifosi hanno recitato un ruolo da protagonisti, e soprattutto non ha voluto approfondire limitandosi all'a, b, c diventato nel tempo un copia e incolla per non spremere le meningi.

Chi c'era comunque sa, chi ha vissuto quel meraviglioso periodo non dimentica chi ha dato tanto alla Prima squadra della Capitale senza chiedere nulla in cambio. 12 maggio 2024, cari Gino, Lupo e Goffredo, sono passati 50 anni da quel giorno e ieri come oggi lo Scudetto è anche vostro....

domenica 5 maggio 2024

"Caro Maestro" racconta Maestrelli patrimonio del calcio

 di CLAUDIO GIORDANO

"Questa è una storia formidabile, quello che Tommaso Maestrelli ha fatto nel calcio è quasi unico e ha rispecchiato il suo percorso di vita.
Bello ricordarne la memoria e credo che sia un patrimonio di tutto il calcio italiano".

Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha ricordato l'allenatore della Lazio del primo scudetto alla presentazione di 'Caro Maestro', il libro scritto da Francesco Troncarelli, svoltasi al Circolo Canottieri Lazio.

 "Ci sono degli allenatori che hanno fatto la storia all'interno di certe squadre - ha aggiunto Malagò -, chi è appassionato di calcio deve riconoscere che ha saputo conciliare il ruolo di allenatore, psicologo e padre"

Giovanni Malagò e Francesco Troncarelli

"Quella squadra- ha proseguito il massimo esponente dello Sport italiano- è diventata una storia a sé. Maestrelli è stato allenatore di 11 personalità molto forti, lui l'ha vissuta da padre oltre che con le competenze tecniche. A nome dello sport italiano non posso che ringraziare Maestrelli".

Attraverso foto e documenti inediti, il libro racconta la figura del tecnico a partire dal rapporto con i giocatori fino agli omaggi riservati a Maestrelli, unico allenatore a ricevere tre Seminatori d'oro - uno per ciascuno dei campionati professionistici in cui ha svolto la sua attività - un francobollo, una via, un busto, un torneo internazionale, un'opera teatrale e un impianto sportivo. 

la presentazione

A ricordare insieme a lui aneddoti e momenti indimenticabili di quella stagione felice che vide Maestrelli sulla panchina biancoceleste, Giancarlo Oddi stopper roccioso di quel gruppo entrato nella leggenda, il presidente della Lazio generale Antonio Buccioni che ha evidenziato la vicenda omerica di quella squadra e il figlio del tecnico Massimo.

"Quanta lazialità in questa sala, che atmosfera meravigliosa" commentava Stefano Andreotti mentre applaudiva l'ingresso dei figli d'arte James Wilson, Matteo D'Amico e Gabriele Pulici intervenuti all'evento.

Il loro ingresso in sala è stato salutato da un caloroso e interminabile applauso a testimonianza dell'affetto che li accompagna da sempre.

Taglieri, Ponzi e Riottino

"Un libro interessantissimo e ricco di fotografie" spiegava la stilista del riciclo Antonella Merlino a Sandro Ponzi medico del San Giovanni e Roberto Taglieri dentista dei Vip.

Pino Capua e Carlo Cotticelli dal canto loro commentava la Lazio attuale con quella del 74 mentre l'ingegnere Francesco Bellini e lo psicologo Franco De Angelis pazientemente aspettavano il loro turno per il firma copie. 

Laura Bianchi, Gioia Troncarelli ed Eleonora Lauteri infatti li avevano preceduti reclamando un selfie con Massimo Maestrelli. 

Foto ricordo con Massimo Maestrelli
Ancora supertifosi come Giancarlo Valenti, un passato di leader fra gli Eagles Supporters, Nicola Nicolini del gruppo storico dei CML e Andrea Longarini venuto col padre e il figlio, terza generazione di una famiglia lazialissima.

Momento particolarmente suggestivo, tra ricordi, sorrisi e molta emozione, l'incontro dopo tanti anni fra Antonio Rottino e Massimo Maestrelli, cugini fra loro e dalle comuni origini baresi.

Tra i tanti presenti anche gli autori della piece teatrale "Tommaso Maestrelli, l'ultima partita" Giorgio Serafini Prosperi e Pino Galeotti.

Pino Galeotti e Giorgio Serafini Prosperi

Ancora supertifosi come Giancarlo Valenti, un passato di leader fra gli Eagles Supporters, Nicola Nicolini del gruppo storico dei CML e Andrea Longarini venuto col padre e il figlio, terza generazione di una famiglia lazialissima.

Alberto Di Giorgio col suo inseparabile cappellone da cowboy  e il notaio Giampiero Sales chiacchieravano piacevolmente con Giancarlo Oddi sempre disponibile e con le sue proverbiali battute a dominare la scena.

Su tutti i presenti, spiccava la figura di Pierluigi Pagni, storico socio del circolo con le sue 84 primavere sulle spalle e soprattutto indimenticato capitano della Lazio degli anni 60, veterano di tante battaglie con l'Aquila sul petto.

Pierluigi Pagni



 

Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000...

di FRANCESCO TRONCARELLI Lo scudetto della squadra più forte che si batteva contro i poteri forti, lo scudetto della felicità o...