di FRANCESCO TRONCARELLI
E’
il 29 settembre e il pensiero corre subito a uno dei primi successi di
Lucio Battisti. Un brano che nonostante abbia più di 50 anni, conserva
ancora la freschezza della prima volta, continuando a regalare emozioni oggi come allora perché è uno dei capolavori del nostro pop.
Quando uscì
il disco era il 1967, e quella era la terza canzone scritta da Mogol
insieme a Lucio, dopo 'Dolce di giorno' e 'Per una lira'. Un pezzo dal
titolo insolito, idealmente dedicato dal poeta della musica italiana
alla moglie Serenella che in quel giorno celebrava il suo compleanno.
"Lucio
veniva da me la mattina, alle 9 in punto –ricorda il paroliere-,
prendevamo un caffè e poi lui cominciava a suonare con la chitarra la
melodia sulla quale io costruivo il testo”, il brano fu completato in un
paio di giorni e una volta pronto si cercò nell’ambito della Ricordi,
la casa discografica milanese dove lavoravano entrambi, qualcuno a cui affidarlo.
Quel qualcuno fu presto individuato nell’Equipe 84, il
complesso beat più popolare di quegli anni composto dal “principe”
Maurizio Vandelli, voce solista del gruppo, il gigante Victor Sogliani,
bassista, il piccolo Alfio Cantarella, batterista e Franco Ceccarelli,
seconda voce e chitarrista.
Con l'esaurirsi della vena di
protesta beat che aveva scosso la gioventù “capellona”, i più accorti si
erano resi conto che per sopravvivere senza farsi prendere alla
sprovvista dai nuovi stili e dalle varie mode che iniziavano a farsi
strada, bisognava avere l'occhio lungo e rinnovarsi.
Vandelli così si tuffa su questo brano melodico che segna la consacrazione come autori della premiata ditta "Mogol & Battisti" e lo trasforma con un lavoro geniale di arrangiamento ricco di sonorità nuove e di rielaborazione dei tempi musicali in un disco che farà epoca.
Questo
brano infatti sarà considerato il primo pezzo italiano di rock
psichedelico, anticipando di tre mesi persino “Sgt. Pepper's Lonely
Hearts Club Band” dei Beatles, ritenuto il capolavoro mondiale di quel
genere.
La canzone è la storia di un tradimento. Un uomo è seduto
in un bar quando improvvisamente incontra il sorriso di una donna e
ancora prima di mettere a fuoco la situazione, si ritrova sottobraccio a
lei mentre la serata si svolge tra un ristorante ed un locale da ballo
per poi finire nel letto del protagonista, dove lui si sveglia mentre
una voce scandisce al Giornale Radio il nuovo giorno, 30 settembre. Era
tutto un sogno?
L'utilizzo di un vero speaker della Rai
ingaggiato per l’occasione (un'idea dell'ultimo momento, quando il
pezzo era stato già registrato) che attraverso due annunci del giornale
radio scandiva l’arco temporale (29 e 30 settembre) in cui si svolge la
storia è un'idea che si rivela vincente.
Un'idea innovativa che resta scolpita nell'immaginario collettivo, come sono altrettanto all’avanguardia il testo e la ricerca di un sound che trasmetta a chi ascolta, una sorta di atmosfera onirica dell'incontro con "l'altra".
Il
valore aggiunto a quello che diventerà un successo enorme, è dato dalla
voce di Maurizio Vandelli, capace di salire di tonalità come nessun
altro frontman dei gruppi più in voga di quel periodo e che riesce a
vocalizzare l'angoscia del brusco risveglio alla realtà, ben coadiuvato
nei cori dagli altri tre compagni di avventura musicale.
“29 settembre” insomma è un brano veramente moderno, arrangiato in
modo eccellente e che si avvicina alla produzione dei Beach Boys o dei
Beatles ma senza peraltro scimmiottarli o prenderli ad esempio, è
un’altra cosa.
Se il menestrello Donovan e i fantastici Kinks in
Inghilterra cercano nuove strade alla loro musica, l'italianissima
Equipe 84 cerca nuove sonorità a casa propria confermandosi il
complesso, come si chiamavano allora le band, numero uno.
Quello più
preparato e quindi capace di rinnovarsi senza sussulti e difficoltà,
l'unico a potersi permettere certi esperimenti all'infuori del classico
pezzo beat chitarra-basso sostenuto magari da una tastiera Farfisa, come
tutti.
Alle registrazioni effettuate presso gli Studi Ricordi,
che in quegli anni si trovavano in Via dei Cinquecento a Milano,
partecipò anche l'Orchestra Sinfonica della Scala di Milano e fu
effettuata su un registratore a otto piste, il primo utilizzato in uno
studio di registrazione italiano che esordì proprio con questa canzone.
Le manipolazioni di Vandelli sul master originale e svariate sovraincisioni riuscirono poi a dare a quel brano un suono particolare e cristallino. Nuovo e accattivante. Due anni dopo, nel 1969, anche Battisti cantò questa canzone inserendola nel suo primo album, “Lucio Battisti”.
La sua interpretazione è più tradizionale rispetto a
quella dell'Equipe e risente delle atmosfere tipicamente melodiche di
gran parte della sua produzione. Nella sua versione, più lenta e
armoniosa, la voce dello speaker è sostituita da un assolo di chitarra e
il contrappunto di un flauto e quello di altri fiati come l’oboe,
conferiscono una suggestione particolare molto accattivante.
Oggi,
29 settembre, a più di 50 anni da quel trionfo che squarciò gli
orizzonti della musica leggera, riascoltiamo Lucio Battisti nella
versione restaurata direttamente dai nastri analogici originali e
rimasterizzata con tecniche digitali d’avanguardia, che ci restituisce
il genio che ha rivoluzionato il nostro pop nel suo splendore artistico e
creativo.
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