C'è voluta la Lazio di Maestrelli per inondare il mercato discografico di canzoni dedicate alla prima squadra della Capitale. Quella squadra che con i gol di Chinaglia conquistava tutti i campi da gioco d'Italia sino a conquistare lo Scudetto, scatenò infatti autori e artisti sollecitandoli a realizzare brani ed inni entrati poi nella storia del tifo e della musica.
Ma prima? Già, prima dell'avvento di pezzi come "forza Lazio senza mago vinceremo il campionato" di Silvestri, il primo di quella magnifica ondata o della "Società dei gran Campioni" di Camponsechi, uno dei tanti di quel periodo magico, che si cantava? O meglio c'era qualche inno? Buio assoluto.
Nelle enciclopedie o siti che si occupano di cose biancocelesti non c'è traccia alcuna. Nè tanto meno comunicatori che si occupano di Lazio e di tutto quello che le ruota attorno ne sanno o scritto qualcosa. Come se tutto fosse cominciato quindi con lo strapotere nel calcio della banda Maestrelli.
Ma non è così. E' come per il film interpretato da Giorgio Chinaglia che nessuno ricordava nè aveva visto e chi scrive ha riscoperto tra lo stupore generale con tanto di successiva menzione su Wikipedia nella pagina dedicata al centravanti laziale, che ovviamente prima non lo riportava. L'inno c'è. Ed è esattamente di dieci anni prima lo scudetto, è stato inciso infatti nel 1964.
Si tratta di un brano speciale, perchè inserito nel gruppo di quelli partecipanti ad un festival della canzone sportiva organizzato da Gianni Ravera a Sanremo, per rendere omaggio alle squadre del campionato di serie A di quell'anno.
In quella stagione la neopromossa Lazio si comportò al meglio delle sue possibilità tecnico tattiche: partenza bruciante con 14 punti in undici incontri (i punti erano 2 per la vittoria), seguita da una fase negativa pesante (sette sconfitte) sino al recupero nel finale con alcune belle vittorie che ancora oggi vengono ricordate come imprese, quelle contro il Milan (1 a 0 gol di Morrone) e a Torino con la Juve addirittura per 3 a 0 con reti di Landoni, Maraschi e Morrone.
Cei, Zanetti, Garbuglia, Carosi, Pagni, Gasperi, Maraschi, Landoni, Galli, Morrone, Governato l'undici tipo, con rincalzi come Rozzoni, Mari, Giacomini e Mazzia a completare una rosa troppo ristretta per un torneo a 18 squadre vinto poi dal Bologna nel famoso spereggio con l'Iinter disputato a Roma all'Olimpico.
Il campionato per la squadra allenata da Juan Carlos Lorenzo si concluse con un soddisfacente ottavo posto condizionato peraltro dai continui balletti societari e bilanci sempre al limite del rosso che il Presidente Angelo Miceli, dopo la burroscosa esperienza di Ernesto Brivio, cercava di contenere con difficoltà
La canzone dedicata a quella suadra, s'intitolava "Forza Lazio, la cantava Aura D'Angelo, artista genovese molto popolare nei "favolosi Sessanta" e successivamente conduttrice di programmmi televisivi e radiofonici. Voce brillante e dalla estensione notevole, la D'Angelo incideva per la etichetta Carosello, una delle poche case discografiche ancora in attività con artisti del calibro di Coez, Levante e The Giornalisti prima dell'uscita di Paradiso.
Gli autori sono tre nomi dello Spettacolo molto noti. Per la musica Mario Ruccione, vincitore di due Sanremo con le sue canzoni interpretate da Claudio Villa ed autore tra i tanti di brani celebri come "Vecchia Roma" e "Roma forestiera" nonchè di una delle canzoni simbolo del regime fascista "Facceta nera".
Il testo si deve ad Antonio Amurri, umorista famosissimo autore in coppia con Jurgens prima e Dino Verde poi di tanti programmi televisivi e trasmissioni radiofoniche e dei testi di canzoni come "Stasera mi butto" per Rocky Roberts, "La banda" e "Vorrei che fosse amore" per Mina e "Zum Zum Zum" e "Buonasera buonasera" per Silvie Vartan. A collaborare con lui un giovane Luciano Rispoli che diventerà uno dei personaggi pià famosi della televisione.
Il disco risente dell'atmosfera gioiosa di quegli anni irripetibili della storia del costume italiano e che fecero da apripista al Boom economico. Una musica frizzante e orecchiabile che trasposrta chi ascolta e che ha il momento clou nel ritornello "Forza Lazio, forza Lazio, vojo vede quante reti je sai fa" che resta subito impresso e che ha una ripresa poi con "Daje Lazio, daje Lazio" pe' davvero nun li devi fa rifiatà" cui segue l'inevitabile "e la Roma sta a guardà".
Da notare che il pezzo inizia con la prima frase di uno slogan che in quei tempi era un classico della tifoseria biancoceleste. Un coro ormai dimenticato ma che per anni è stato intonato dalle gradinate dell'Olimpico e che faceva "l'avemo imbriacati oh oh oh, co' l'acqua de Frascati oh oh oh, cor vino de Bologna oh oh oh, oh che vergogna!".
L'inno di Aura D'Angelo inizia appunto con "l'avemo imbriacati" a cui aggiunge un altro coro che andava per la maggiore come sfottò, ovvero "E nun ce vonno sta". Cori e battute che rimandano a un tifo casareccio e senza tante pretese, quando sugli spalti si andava a vedere il derby senza distinzioni di settore, tra amici e col vestito buono della domenica e spesso con qualche pagnottella per rifocillarsi ed ingannare l'attesa.
La canzone venne proposta per alcune domeniche dagli altoparlanti dell'Olimpico quando giocava la Lazio tra l'annuncio di una pubblicità e l'altra e prima dell'ingresso delle formazioni in campo, come si usava una volta. Poi non si ascoltò più. E su quel primo "Forza Lazio" in musica cadde l'oblio. Fino ad oggi. E' tempo perciò di riascoltarla, eccola.
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