mercoledì 18 maggio 2022

Un anno senza Franco Battiato

 di FRANCESCO TRONCARELLI

La notizia arrivò all'improvviso, il 18 maggio di una anno fa, "Franco Battiato è morto", e immediatamente venne rilanciata da tutti i media rimbalzando in un attimo sui social. Era malato da tempo, si trovava nella sua casa di Milo dove si era ritirato dal 2019, aveva 76 anni. 
 
Gli italiani l'avevano "ascoltato" per l'ultima volta durante Sanremo 2020, grazie a Colapesce e Dimartino che, nella serata delle cover, avevano interpretato "Povera Patria", dando spazio alla voce del Maestro che da sempre aveva svolto un ruolo di affettuoso nume tutelare per le nuove generazioni di artisti siciliani.

Quello appena trascorso, è stato un anno ricco di omaggi che però non sono riusciti a colmare quel senso di vuoto lasciato da un personaggio unico come lui, uno studioso dagli orizzonti amplissimi che sapeva praticare l'arte della canzone pop usando linguaggi e riferimenti diversi, sia in campo musicale che in altre forme di espressione artistica, come il cinema, la pittura, l'opera.

Battiato aveva un'intelligenza raffinata e arguta che manca al Bel paese tutto preso da questioni pratiche e anche minime e senza più riferimenti culturali di un certo livello, come mancano il suo umorismo e la sua libertà di pensiero.

Battiato in concerto con Alice
Era un uomo libero e un intellettuale che ha sempre guardato la società e il mondo da un punto di vista personale e originale, molto spesso in anticipo sui tempi. Così come è stato un precursore della musica elettronica, è stato un cultore di musica classica e sinfonica che nei suoi racconti sembrava monopolizzare il suo tempo libero. 
 
Battiato è stato il centro di gravità permanente del pop italiano. Un artista tra i più innovativi e multiformi della scena musicale che ha dato tanto alla cultura del nostro paese. Per alcuni un genio assoluto, per molti un maestro da seguire. Per tutti un grande sperimentatore che ha saputo mescolare vari generi, dalla musica elettronica a quella classica, con testi avanguardisti e ricercati. 
 
La sua vita e la sua carriera sono l'esempio di una passione per la musica incontrovertibile. Partito giovanissimo da Jonia, un paesino in provincia di Catania, Franco arriva a Milano in cerca del successo. Ma è dura per tutti i meridionali come lui venuti al Nord in cerca di lavoro o gloria.
 
Dopo una lunga gavetta nei localini dei Navigli e della cintura milanese e anche per le strade con il duo "Gli Ambulanti", incide il primo brano su un 45 giri di plastica allegato alla Nuova Enigmistica, è la sua versione di "E più ti amo" di Alain Barriere. Una perla su un disco usa e getta. 

il primo disco in vinile
Fu Gaber a consigliargli di farsi chiamare Franco anziché col vero nome Francesco, per non confondersi con Francesco Guccini, giovane esordiente insieme a lui nel programma "Diamoci del tu" che l''autore di "Barbera e champagne" conduceva con Caterina Caselli.  

Da quel momento iniziò una lunga scalata verso il successo, salendo disco dopo disco tutti i gradini necessari per arrivare in cima. Nel 1979 pubblica "L’Era del Cinghiale Bianco", primo esperimento pop con l'etichetta Emi. Seguono "Patriots" (1980)
 
Nel 1981, "La voce del Padrone", che resta al vertice della classifica italiana per un anno vendendo oltre un milione di copie. Battiato diventa un “caso”, materia di studio per gli intellettuali e fonte d'ispirazione per i musicisti.

Gli album successivi sono: "L’arca di Noè" (1982), "Orizzonti perduti" (1983), "Mondi lontanissimi" (1985), "Echoes of sufi dances" (1985). Nel 1984 Battiato partecipa con Alice all'Eurovision Festival con i "Treni di Tozeur", arrivano quinti ma la loro esibizione è memorabile.  
 
Nel 1989 esce il doppio album dal vivo. È forse il suo album più iconico. Fino a quel momento Battiato era ancora uno dei pochissimi cantautori italiani che non aveva ancora pubblicato un disco dal vivo.
 
Decise di farlo solo dopo aver terminato una tournee realizzata con tutte le caratteristiche che egli stesso desiderava, dal clima tranquillo all'atmosfera che si creava col pubblico attento e coinvolto.
 
Il tour toccò città come Parigi dove suonò al Teatro de la Ville, come Madrid all'Alcalà Palace, per poi terminare al prestigioso Teatro Lirico di Milano per l'apoteosi finale. Ne venne fuori "Giubbe Rosse", testimonianza e pietra miliare del nuovo pop che Battiato portava nelle classifiche di quel decennio.

Negli anni seguenti Battiato comincia a guardare al mondo del cinema. Una vera passione che inizia nel 1990 con la colonna sonora composta per il film Benvenuto Cellini – Una vita scellerata per arrivare nel 2003 alla regia di "Perduto amor" che gi varrà il Nastro d'argento. Poi nel 91 incide "Come un Cammello in una grondaia".

col filosofo Sgalambro

L’album contiene, accanto ad alcuni lieder ottocenteschi, anche il brano "Povera Patria", registrato negli storici Abbey Road Studios di Londra già regno incontrastato dei Beatles, che diviene in breve tempo un simbolo di impegno civile.
 
E ancora tanti altri successi, un elenco interminabile che sarebbe superfluo citare, che hanno arricchito la sua lunga carriera da sperimentatore dai mille interessi (fisica, pittura, cinema, teatro, lirica, balletto), da personaggio eclettico sempre avanti sui tempi che si è fatto amare dal pubblico più raffinato e da quello più popolare, elevando la sua natura pop ad altro.
 
Fondamentali i collaboratori che lo hanno accompagnto in questo percorso, ossia il violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro che con il loro bagaglio artistico e culturale hanno arricchito la sua personaltà.
 
Indimenticabili certi brani come "E ti vengo a cercare", "Voglio vederti danzare", "La stagione dell'amore", "Cerco un centro di gravità permanente", "Bandiera bianca" e "Cuccurucucu" che sono diventati fra i più amati della musica leggera italiana.
 
L'ultima fotografia, in casa e già malato
C'è poi un pezzo che nei mesi scorsi segnati da drammatiche sofferenze causa pandemia, è sembrato un adesivo incollato alle nostre voci. In tanti hanno fatto ricorso al potere salvifico della musica e delle parole de "La Cura", scritta da Franco Battiato col filosofo Manlio Sgalambro, suonata e risuonata dai balconi e dalle finestre degli italiani chiusi in casa.
 
Paradossalmente le parole di quel brano così intenso e suggestivo, si sono riversate su di lui mentre giorno dopo giorno veniva assistito dai suoi cari nella speranza di una ripresa in realtà impossibile che purtroppo non c'è stata.
 
Franco Battiato ha lasciato un'eredità straordinaria in termini artistici ed etici, cercare sempre qualcosa che possa portarci al di là della superficie, alla ricerca di un altrove che non sia soltanto una realtà ulteriore ma un modo diverso di affrontare la vita e di definire l'arte e il ruolo dell'artista.

Ed ora che il maestro non c'è più, resta la sua musica immortale, restano le sue canzoni dal significato profondo e dalle atmosfere intense e coinvolgenti, restano i momenti felici e di trasporto che ha regalato in ciascuno di noi. 
 

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