lunedì 20 dicembre 2021

30 anni senza Walter Chiari

 di FRANCESCO TRONCARELLI

Solo e davanti al televisore 30 anni fa se ne andava uno dei grandi dello spettacolo italiano. Dalla rivista al cinema con Visconti passando per la tv. La storia di un Peter Pan che amava la vita e che tutti amavano per la sua simpatia

Faceva freddo quel 20 dicembre del ‘91, proprio come in questi giorni. Ma a gelare un po’ tutti fu la notizia battuta dalle agenzie al mattino e subito diffusa dai media, della scomparsa di Walter Chiari, uno dei personaggi dello spettacolo più amati di sempre che aveva accompagnato con la sua verve irresistibile e bravura acclarata generazioni di italiani, dal dopoguerra in poi.

Quello che colpì per quella morte inaspettata ad appena 67 anni però, oltre al dispiacere per la perdita di un volto noto considerato un amico di famiglia, fu soprattutto il modo, il come quell’artista tanto amato se ne era andato: solo, messo all’angolo dal suo ambiente, dimenticato dai più come un libro vecchio o un sopramobile lasciato in cantina dopo aver fatto la sua bella figura per anni nel salotto buono di casa.

La televisione accesa e lui davanti, sprofondato in poltrona, la testa reclinata, gli occhiali sul naso, vestito ancora di tutto punto. Lo trovarono così Walter Chiari, passato dal sonno alla morte quasi senza accorgersene per un infarto, il 20 dicembre del 1991.

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E se non fosse stato per la sveglia che quotidianamente gli davano dalla portineria, è probabile che sarebbero passati giorni prima che qualcuno fosse andato alla stanza 508 a vedere perchè non rispondeva al telefono di quel miniappartamento di quaranta metri quadri coi mobili in serie e le tende alle finestre, dove risiedeva quando era a Milano.

Solo davanti al televisore che sparava a tutto volume suoni e diffondeva immagini in libertà. Come un anziano insonne. Una fine incredibile per uno come lui che la vita l'aveva vissuta intensamente e sempre di corsa nei posti più belli e con le compagnie più affascinanti e da copertina. Una fine da pensionato che vive in triste solitudine, fotografia drammatica di una parabola umana amara e senza l'happy end consolatorio e che forse neanche avrebbe gradito.

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 Perchè lui era uno che dava la carica e non si piangeva addosso, ma si rimboccava le maniche e ripartiva anche contro vento, solare come era, spericolato e libero come pochi altri. Generoso con tutti, comico per vocazione ma anche attore importante con Visconti (“Bellissima”) e Dino Risi (“Il giovedì”), è stato il primo divo tricolore esportato all'estero in qualità di gettonato rubacuori, due nomi fra i tanti: Lucia Bosè ed Ava Gardner.

Popolarissimo nell’Italia del boom economico, teneva incollati milioni di spettatori davanti al piccolo schermo con monologhi, scenette e barzellette interminabili a "Studio Uno" e "Canzonissima" in quella tv elegante e in bianco e nero fatta da grandi professionisti come lui, Mina e Paolo Panelli. 

mattatore a Studio Uno
Era un personaggio da copertina insomma, richiesto e appaludito ovunque, anche se in fondo era rimasto quello di sempre. Il Peter Pan spavaldo della beata incoscienza giovanile, il ragazzone che faceva ridere gli amici e che tra una seduta in palestra a tirar di boxe e una partita a biliardo in un fumoso bar sui Navigli, studiava il variegato mondo che lo circondava come ogni attore che si rispetti.

Un talento naturale, che nell’improvvisazione dava il meglio. Grande affabulatore, ti inchiodava davanti il piccolo schermo o in platea con le sue chiacchiere mai banali e sempre travolgenti. La sua arte era nello sguardo, la sua bravura era nel sorriso. 

Una capacità unica nell’intrattenimento che lo fece debuttare nel varietà con la esuberante Marisa Maresca e che poi lo proiettò alla ribalta nazionale in coppia con Carlo Campanini per riproporre i mitici fratelli De Rege col tormentone “vieni avanti cretino" e per presentare scenette entrate nella leggenda come quella del Sarchiapone.

"Vieni avanticretino" con Carlo Campanini

Irresistibile Walter, indimenticabile Walter, intramontabile Walter, grande anche quando finito nel vortice di uno scandalo ingigantito dai media e dalla stampa dell’epoca, per la "neve" che consumava, seppe dignitosamente rimanere ai margini di un mondo, quello dello spettacolo, che aveva dominato a lungo con una mano sola e non disperarsi più di tanto se il telefono non squillava più o squillava molto meno di prima.

Fiero però ed orgoglioso di ruggire ancora ("Romance" di Massimo Mazzucco e "Finale di partita" di Samuel Beckett) come un vecchio leone ferito ma non domo, nel momento in cui qualcuno si ricordava ancora di lui.  

Il 20 dicembre di trenta anni fa poi, il sipario in un "teatrino" di periferia privo del calore del suo amato pubblico. E da allora siamo orfani di un talento puro che non ha avuto uguali né emuli, di un gigante del mondo dello spettacolo la cui statura artistica si nota ancora di più adesso che siamo circondati da tanti improvvisati che fanno questo mestiere senza averne le basi. 

Ecco perché lo ricordiamo ancora con tanta nostalgia. Indimenticabile Walter…


 




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