di FRANCESCO TRONCARELLI
Dino Zoff. Ecco per celebrare nel modo migliore gli 80 anni di una leggenda vivente come lui, basterebbe solo nominarlo: Dino Zoff. In quel nome e cognome ci sta tutto.
La vita, la carriera, la storia, i record, le parate, i ricordi e gli insegnamenti di uno degli sportivi più importanti e amati del Bel paese, Dino Zoff appunto.
Pensi a lui infatti e ti viene subito in mente la serietà, vocabolo sconosciuto ai più, ti viene in mente la professionalità, dicasi altrettanto, ti viene in mente l’onestà intellettuale, la riservatezza, la moralità, il lavoro svolto con passione e impegno.
Qualità che lui ha incarnato per una vita, sia come atleta sia come dirigente e uomo di sport. Dici Dino Zoff insomma e riavvolgi il nastro di una vicenda umana e professionale da “numero uno” nel vero senso della parola, non solo di nome come portiere di calcio, ma anche di fatto.
E poi naturalmente dall’album dei ricordi spunta subito un'immagine storica, la partita a scopone sull'aereo con Enzo Bearzot, Franco Causio e il presidente della Repubblica Pertini, di ritorno dalla Spagna dopo i Mondiali di calcio vinti.
Un'immagine che ha fatto il giro del globo al pari del francobollo disegnato da Renato Guttuso che ritrae le sue mani che alzano la Coppa del Mondo verso il cielo nella magica notte dell'11 luglio 1982 al Santiago Bernabeu di Madrid.
E che dire del portierone fenomeno con 570 presenze in serie A e del suo record d’imbattibilità per 1142 minuti consecutivi. 1142, mica spiccioli. Una carriera iniziata da giovanissimo nell'Udinese e proseguita al Mantova sino alla prima consacrazione nella città del Vesuvio.
Fu li, quando giocava nel Napoli del presidentissimo Achille Lauro e del mister Pesaola, che i tifosi lo chiamavano Nembo Kid, ovvero, per i più giovani, Superman, per i suoi voli da un palo all'altro della porta.
Poi venne la Juventus, ed entrò nel mito con undici anni da titolare e sei scudetti sul petto, alternati con la difesa della porta della Nazionale con 112 presenze e la vittoria agli Europei e al Mundial, unico giocatore italiano a vincerli entrambi.
Zoff è il volto finito sulle copertine di Time e
Newsweek, il numero uno dei numeri uno che ha giocato con Burgnich e
Facchetti per arrivare fino a Pablito Rossi e poi Bergomi, e che è stato
rivale e poi compagno di Sivori e avversario di Maradona, a
testimonianza di una carriera unica anche come longevità.
Ci si potrebbe fermare qui. Ma c’è il Dino mister, prima della sua Juve, comportatasi un po’ da matrigna nei suoi confronti, poi della Lazio, la prima squadra della Capitale, con cui celebrerà un matrimonio in panchina e poi dietro una scrivania da presidente, nell’epopea aurea dell’era Cragnotti.
Una stagione felicissima in biancoceleste, nella quale rilancerà le ambizioni della Mitica
sul campo e fuori, coccolandosi due campioni su tutti come fossero suoi figli,
Gascoigne e Signori.
SuperDino poi come Commissario tecnico della Nazionale ha sfiorato il titolo europeo (perso nel 2000 per un 'golden gol' di Trezeguet) rivelandosi secondo a nessuno come dignità quando, poco dopo quel torneo, si dimise per le critiche dell'allora premier Silvio Berlusconi per non aver fatto marcare a uomo Zinedine Zidane in quella finale.
Un carattere quindi e non a caso,simile a un altro grande friulano come lui, quell'Enzo Bearzot con cui Dino s'intendeva al volo, con un semplice sguardo, e al quale diede una carezza prima di alzare la Coppa al Bernabeu.
Ed eccolo qua allora, nel giorno del suo compleanno, a ricevere il giusto tributo di un paese intero. Un privilegio meritatissimo e che in pochi hanno ricevuto a coronamento della loro carriera, un privilegio riservato solo ai grandi personaggi che hanno lasciato il segno con il loro esempio.
Auguri Dino, 80 anni da numero
uno e non sentirli, 80 anni di un mito che ci invidia e applaude tutto il mondo. 80 anni di una persona perbene. E scusate se è poco.