Nei giorni del "io resto a casa", quando ti manca tutto, a cominciare dagli incontri con gli amici, il caffè al bar, l'attesa dal barbiere, la passeggiata al mare, insomma la normalità della vita, spunta a sorpresa un filmino amatoriale che ti riporta al calcio, alla Lazio, una di quelle "cose" che riempivano le tue giornate, le tue domenche, da sempre e che mancano tremendamente.
Un piacevole uovo di Pasqua con una sorpresa incredibile che ti fa emozionare. Una chicca inaspettata che ti rimanda a un mondo che non c'è più ma che è stato bello vivere quando la Lazio era una grande famiglia ed era vissuto dalle famiglie intere. Genitori, figli e nonni tutti insieme appassionatamente per vivere un sogno.
Il regalo inaspettato che ci arriva è un filmino amatoriale girato il 12 maggio del 1974, una data storica per chi ha i colori biancocelesti nel cuore, il giorno in cui la prima squadra della Capitale ribadì la sua supremazia anche sul campo vincendo il primo scudetto della sua storia.
Un superotto a colori che racconta quel famoso Lazio-Foggia cogli occhi della famiglia Cotti, laziali come tanti, marito, moglie e prole al seguito, un maschietto e una femminuccia, che quella domenica di maggio parteciparano a un evento memorabile. Diventando loro stessi evento, al pari degli altri 83mila e rotti presenti (record ineguagliato nella storia delle partite giocate all'Olimpico).
Immagini riprese alla buona, ma proprio per questo eccezionali, perchè sanno di amore, di passione, di tifo spontaneo e casareccio, di quando il calcio era a misura d'uomo e non di sponsor, quando si andava allo stadio con la giacca, il panino e il fiasco di vino. E con la bandiera.
Sei minuti e mezzo di Lazio, sei minuti e mezzo di brividi, sei minuti e mezzo di emozioni, sei minuti e mezzo di uno Scudetto che ancora oggi fa venire i lucciconi. Sei minuti e mezzo che iniziano con la piccola di casa che guarda la cinepresa, poi l'obiettivo stacca sul fratellino che sorride e s'incammina verso lo stadio.
Ha la bandiera in mano, la sventola, e come lui tanti altri tifosi si avviano verso la giornata più bella della loro vita, tra palloncini colorati e bandiere al vento. Da quel momento è tutto un susseguirsi di emozioni e flash di una partita vista dalla Sud, dove negli anni 70 c'era il cuore del tifo biancoceleste.
Il gruppo è posizionato in basso, subito sopra il parterre, lato verso la tribuna Tevere. E subito arriva un momento bellissimo: Luciano, il capo tifoso storico che avevo immortolato nel mio film "Ultimo mambo all'Olimpico", sfila nei posti in piedi, il parterre, con uno starno vestito, una specie di saio da monaco a righe biancocelesti.
Una maschera incredibile come lui, che mentre cammina agita due bandiere, una per mano. Poi migliaia di bandiere al vento svegliano lo stadio, i tifosi sono già a mille, ecco papà Cotti, capello lungo alla Pooh come andavano in quel periodo che agita un campanaccio, i figlioli contenti come la gente intorno a lui col cappello della Rosso Antico che veniva regalato quel giorno.
Entra Lenzini, il presidente, siamo al 2° minuto e una manciata di secondi del video, è l'apoteosi, lo stadio esplode, lui saluta soddisfatto il pubblico, felice di essere arrivato a questo match così importante che può regalare in anticpo di una giornata il Tricolore a Roma. Lo si vede vicinissimo il Sor Umberto.
Poi è il momento delle squadre, e le bandiere tornano ad impazzire al vento, ecco Felice Pulici che si avvia alla sua porta compiendo il solito rituale: un tocco con le mani all'incorocio sinistro, poi a quello destro.
Inizia la partita, foggiani e laziali "combattono", le azioni si susseguono, ma sta per arrivare il momento clou. E' il minuto 3 del filmato, c'è il rigore. Chinaglia è pronto, lo si vede bene, parte la rincorsa, parte la bomba, tutti schizzano in piedi, anche davanti la cinepresa è il caos.
L'Olimpico è tutta una bandiera, l'entusiasmo è a mille. E' fatta. E così al minuto 4° si vede cominciare l'invasione di campo. Uno, due, dieci, mille tifosi entrano in campo, sugli spalti la ripesa coglie due fratelli, sono in estasi e frastornati, le guance rosse per l'eccitazione, uno beve direttamente dal fiasco di vino l'altro piange e si asciuga le lacrime, sul tabellone a caratteri cubitali compare la scritta LAZIO.
Mezzo stadio è entrato in campo ed è iniziata la folle, liberatoria corsa sulla pista che circonda il rettangolo di gioco, una marea di tifosi corre con le bandiere, giri su giri, un carosello impazzito di felicità che non si era mai visto nè si vedrà mai più.
Una mongolfiera si alza verso il cielo, mamma Cotti abbraccia la figlioletta e le carezza le guance, il papà a torso nudo piange. Scene incredibili che ti scuotono, poesia pura, meglio di un film neorealista di Vittorio De Sica o di una pellicola visonaria di Fellini. E la felicità continuerà fuori l'Olimpico con una Fiat Giardinetta addobbata per la festa.
La festa per il sogno raggiunto, la festa di una famiglia laziale, come avrebbe potuto essere la nostra. Come l'hanno vissuta i nostri genitori, i nostri fratelli, noi. Grazie Lazio, grazie a chi c'era e soprattutto grazie famiglia Cotti, la famiglia di tutti noi laziali.